In un mondo in cui la gestione dei rifiuti sta diventando una priorità globale, la Svezia rappresenta un esempio virtuoso di come sia possibile trovare un equilibrio efficiente e sostenibile. Meno dell’1% dei rifiuti prodotti lì finiscono in discarica: tutto il resto viene riciclato o trasformato in energia, facendo del Paese scandinavo un esempio concreto di economia circolare. Questo approccio dimostra che è possibile trasformare ciò che un tempo era considerato scarto in una risorsa preziosa attraverso strategie e infrastrutture innovative.
Il modello svedese che riduce e valorizza
Alla fine degli anni ’90, la Svezia ha intrapreso un percorso davvero innovativo nella gestione dei rifiuti, combinando sostenibilità ed efficienza. Tra le misure principali troviamo:
- responsabilità estesa del produttore (EPR): le aziende sono obbligate a farsi carico del ciclo di vita dei prodotti, anche dopo l’uso da parte dei consumatori. Questo obbligo incentiva le aziende a creare prodotti più durevoli e riciclabili, con l’intento di ridurre i rifiuti;
- tasse sui rifiuti proporzionali al peso: un sistema che premia i cittadini virtuosi e incentiva la riduzione dei rifiuti dal principio per uno stile di vita sempre più vicino al zero waste;
- divieti severi: dal 2005 è vietato conferire in discarica rifiuti organici o combustibili, imponendo soluzioni alternative più sostenibili.
Sul fronte energia, basti pensare che oltre metà del mix energetico svedese proviene da fonti pulite, integrando in un sistema sicuro ed efficiente termovalorizzatori per convertire i rifiuti in energia. Grazie a queste scelte e iniziative, più del 99% dei rifiuti prodotti viene recuperato, attraverso riciclo o valorizzazione energetica.
Rifiuti importati dall’estero in Svezia
Il punto di forza del modello svedese è la capacità di trasformare i rifiuti in energia in modo molto efficiente, ma anche l’aver costruito un sistema che riduce gli scarti prima ancora che vengano prodotti. Regole chiare, incentivi economici e infrastrutture moderne lavorano insieme per dare vita a un ciclo davvero circolare: meno sprechi, più riciclo, e per gli scarti indifferenziati recupero energetico.
Questo sistema ha generato una situazione insolita: la Svezia è così efficiente nella gestione dei rifiuti che ha bisogno di importarli per sostenere i suoi impianti. Per questo ogni anno importa oltre 1 milione di tonnellate di scarti da altri Paesi. Un vero paradosso: mentre molti Paesi faticano a gestire i propri rifiuti, per la Svezia sono diventati una risorsa preziosa.
Ma come funziona un termovalorizzatore?
Al centro di questo sistema ci sono i termovalorizzatori, impianti che trasformano i rifiuti in energia elettrica e termica. Il processo è relativamente semplice, vediamolo insieme:
- i rifiuti vengono conferiti e accumulati in apposite vasche;
- da qui passano alle caldaie, dove la combustione avviene a circa 1.000 gradi;
- il calore prodotto genera vapore ad alta pressione, che mette in funzione una turbina collegata a un alternatore, producendo elettricità;
- nei sistemi cogenerativi, lo stesso vapore alimenta scambiatori che riscaldano l’acqua delle reti di teleriscaldamento.
Gli impianti moderni sono dotati di sofisticati sistemi di depurazione dei fumi: filtri a maniche trattengono polveri e particolato, sistemi chimici neutralizzano i composti nocivi e tecnologie DeNOx riducono gli ossidi di azoto in elementi innocui. Anche i residui solidi trovano una seconda vita: i materiali inerti vengono riutilizzati in edilizia e i metalli recuperati.
Il viaggio da rifiuti a risorse in Italia
Anche nel nostro Paese la termovalorizzazione è parte integrante del sistema di gestione dei rifiuti. In diverse città italiane sono attivi impianti moderni che permettono di ridurre il ricorso alla discarica e di produrre energia utile ai territori.
Ad esempio, A2A, conta 10 termovalorizzatori, 5 dei quali collegati a reti di teleriscaldamento come quelle di Milano, Brescia e Bergamo.
Ogni anno, questi impianti trattano circa 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti, pari a quelli prodotti da quasi 5 milioni di persone. Il beneficio ambientale è rilevante: si evitano 1,8 milioni di tonnellate di CO₂, equivalenti alle emissioni di circa mezzo milione di automobili a benzina. Sul fronte energetico, i termovalorizzatori A2A producono:
- 1,72 miliardi di kWh di energia elettrica, pari al consumo domestico di circa 640.000 persone;
- 1,5 miliardi di kWh di energia termica, equivalente al fabbisogno annuo di 125.000 famiglie;
- un risparmio di circa 430.000 tonnellate equivalenti di petrolio, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili.
Un tassello della transizione circolare
La termovalorizzazione rappresenta un anello fondamentale dell’economia circolare: permette di chiudere il ciclo riducendo al minimo il ricorso alla discarica, restituendo energia ai territori. Il caso svedese dimostra che con le giuste strategie è possibile trasformare un’emergenza ambientale in un’opportunità. In Italia esistono esperienze di valore, la sfida ora è arrivare a un sistema sempre più efficiente e sostenibile.
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