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Impronta ecologica: cos'è, come calcolarla e come ridurla

Che cos'è l'impronta ecologica? - A2A

Oggi l'umanità, per ottenere le risorse che usa e smaltire i rifiuti che produce, sfrutta l'equivalente di 1,75 pianeti Terra. Si tratta dell’ormai conosciuto fenomeno del sovrasfruttamento terrestre, una situazione che vede agli antipodi i paesi più ricchi e sviluppati e quelli più poveri.

Per stimare il consumo umano di risorse naturali, rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle e di assorbire i rifiuti prodotti, si utilizza un apposito indicatore chiamato impronta ecologica. A differenza dell’impronta di carbonio, che misura le emissioni di gas serra di un prodotto, un servizio, una persona, una città, un’azienda o perfino un paese, l’impronta ecologica rileva l’impatto ambientale complessivo delle attività umane.

È un indicatore più complesso da usare rispetto ad altri, in quanto bisogna utilizzare sistemi di calcolo sofisticati e dati non sempre completi e precisi. Ad ogni modo, è fondamentale sapere cosa si intende per impronta ambientale e soprattutto come calcolare l’impronta ecologica, per essere in grado di prendere scelte giuste orientate alla sostenibilità per vivere in modo green e rispetto del Pianeta.

Cosa si intende per impronta ecologica

Il concetto di impronta ecologica fu introdotto nel 1996, da parte del canadese William E. Rees e dell’ambientalista svizzero Mathis Wackernagel nel loro libro “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth”.

Sempre Mathis Wackernagel nel 2003 ha fondato, con altri, il Global Footprint Network, un'organizzazione non governativa che si occupa di sostenibilità ambientale con sedi a Oakland in California, Bruxelles e Zurigo. La GFN si propone di migliorare la misura dell’impronta ecologica, collaborando direttamente con molti paesi come l’Italia.

Il significato di impronta ecologica è l’impatto dell’uomo sull’ambiente, uno strumento essenziale per capire se una determinata attività è effettivamente sostenibile. In questo sistema la CO2 è soltanto uno dei parametri analizzati, poiché è un indicatore che considera in modo ampio tutte le risorse naturali.

Che cos’è l’impronta ecologica

In prima battuta, è possibile definire l’impronta ecologica come il numero di ettari di bosco, terreni da pascolo, terreni coltivabili e mari che sono necessari per rigenerare le risorse utilizzate dall’uomo, per mantenere il proprio stile di vita e assorbire i rifiuti prodotti dall’attività antropica.

Andando più sul tecnico, utilizzando la definizione data dal Global Footprint Network, l'impronta ecologica è una misura di quanta superficie terrestre e acquatica biologicamente produttiva è utilizzata e richiesta da un individuo, una popolazione o un'attività per produrre tutte le risorse che consuma e per assorbire i rifiuti che genera.

In particolare, quando si parla dell'assorbimento di rifiuti, l'impronta ecologica considera solo la capacità di sequestrare anidride carbonica. Con il termine “superficie biologicamente produttiva”, invece, si indica l'area terrestre e acquatica, includendo sia le acque marine sia le acque dolci, caratterizzate da una significativa attività fotosintetica e in cui si producono e si accumulano biomasse utilizzate dall'uomo.

Dalle superfici biologicamente produttive sono escluse le aree non produttive, così come le aree marginali con vegetazione a macchia di leopardo e le biomasse che non sono utilizzate dall'uomo. La superficie biologicamente produttiva totale stimata nel 2019 è stata di circa 12,2 miliardi di ettari.

L'impronta ecologica, quindi, consente di confrontare gli effetti del consumo umano con le risorse disponibili sulla Terra. Gli attuali consumi della popolazione mondiale causano complessivamente un deficit, perciò l’umanità consuma più di quanto la Terra riesca a produrre e ad assorbire. Per sostenere questo ritmo di consumo, l’umanità avrebbe bisogno già oggi di 1,7 pianeti Terra, ma le prospettive sono di gran lunga peggiori qualora dovessimo continuare con l’attuale modello di sviluppo.

Come si calcola l’impronta ecologica

Per il calcolo dell’impronta ecologica si prendono in esame innanzitutto sei categorie di superfici produttive:

  • zone di pesca;
  • pascoli;
  • aree edificate;
  • terreni coltivabili;
  • aree boschive;
  • superficie terrestre necessaria per smaltire le emissioni di carbonio.

L'impronta ecologica è solitamente misurata in ettari globali, in inglese global hectare, un’unità di misura generalmente abbreviata con la sigla GHA. Per spiegare il significato dell’ettaro globale bisogna tenere conto di un aspetto: tipi di terreno diversi hanno produttività diverse.

Ad esempio, per produrre una determinata quantità di biomassa, un terreno coltivato occuperebbe un'area fisica più piccola rispetto a un pascolo, quest’ultimo molto meno produttivo dal punto di vista biologico, poiché sarebbero necessari più pascoli per fornire la stessa produzione di biomassa di un terreno coltivato.

L’ettaro globale invece rappresenta il valore medio di produttività, sempre in termini biologici, per ogni ettaro di superficie del pianeta. Prendendo il totale della capacità produttiva di biomasse utili all’uomo della Terra, per poi dividere questo valore per il numero degli ettari della sua superficie terrestre, si ottiene la media di produttività per ogni ettaro, cioè l’ettaro globale.

Per calcolare l’impronta ecologica oggi esistono appositi software online, messi a disposizione da associazioni ambientaliste che offrono strumenti utili per comprendere meglio il nostro impatto sull’ambiente. Calcoli avanzati sono quelli realizzati dal Global Footprint Network, tramite i quali ad esempio viene individuato ogni anno l’Earth Overshoot Day, ovvero il giorno di sovrasfruttamento della Terra.

Cosa misura l’impronta ecologica e a cosa serve

L’impronta ecologica misura la pressione che l’uomo esercita sul Pianeta. Questo indicatore è importante per misurare la porzione di ambiente necessaria a produrre i beni e i servizi che consentono un certo stile di vita a una popolazione, compreso lo spazio naturale necessario per assorbirne i rifiuti prodotti.

Come detto, attualmente il consumo di risorse supera la capacità del pianeta di rigenerarle, per questo si parla di deficit ecologico. Ogni anno il Global Footprint Network calcola per ogni nazione il cosiddetto overshoot day, ovvero il giorno in cui ciascun paese ha consumato tutte le risorse che il pianeta è in grado di produrre per quell’anno. Nel 2022 l’overshoot day per l’Italia è stato il 15 maggio.

Il nostro Paese si posiziona a metà classifica, insieme alla maggior parte delle Nazioni europee. Tra gli Stati con una peggiore impronta ecologica ci sono il Qatar (overshoot day il 10 febbraio 2022), il Lussemburgo (14 febbraio) e gli Stati Uniti (13 marzo). Tra i Paesi con una ridotta impronta ecologica, invece, si posizionano l’Indonesia (3 dicembre), l’Ecuador (6 dicembre) e la Jamaica (20 dicembre).

Bisogna inoltre tenere conto che l’impronta ecologica, considerando solo i rifiuti in termini di emissione di anidride carbonica, in realtà sottostima il reale impatto dell’attività umana sugli ecosistemi. Infatti, ad esempio, non sono considerati i rifiuti solidi che vengono quotidianamente prodotti. Questo, dunque, è un elemento importante da tenere in conto, per orientare al meglio gli sforzi per ridurre l’impronta ecologica.

Come ridurre l’impronta ecologica

Calcolare la propria impronta ecologica è il primo passo per ridurre l’impatto ambientale e orientarsi verso un futuro più sostenibile. Esistono diverse soluzioni online che aiutano le persone a stimare il proprio impatto sull’ambiente, con specifici calcolatori che permettono di stimare in pochi istanti questo parametro.

Una volta acquisita maggiore consapevolezza su questo aspetto, si possono adottare diverse strategie per ridurre la pressione che ciascuno esercita sul pianeta. Ad esempio, è possibile smaltire correttamente i rifiuti, facendo con cura la raccolta differenziata e preferendo le soluzioni circolari, come i prodotti realizzati con materiali riciclati o i beni fabbricati secondo i principi dell’ecodesign come la riparabilità.  

Allo stesso tempo è fondamentale ridurre gli sprechi di energia, investendo nell’efficientamento e riqualificazione energetica della propria abitazione, individuando una serie di interventi e accorgimenti di risparmio energetico. Oggi questi lavori possono usufruire di importanti agevolazioni fiscali, tra cui la detrazione del Superbonus 110%, il bonus ristrutturazioni e i numerosi altri incentivi previsti dai vari bonus casa.

Inoltre, bisogna valorizzare la mobilità sostenibile a basso impatto ambientale, passando dall’utilizzo delle auto endotermiche a benzina e diesel alle vetture green elettriche e ibride, possibilmente ricaricate con energia pulita e non ricavata dalle fonti fossili. Bisogna anche scegliere fonti di energia pulita, affidandosi agli operatori del settore energetico che, avendo scelto di produrre energia da fonti rinnovabili, mettono a disposizione dei loro clienti offerte con forniture di energia 100% green.

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